Curiosa la scelta di Dubai – la sfarzosa metropoli costruita sui proventi dell’estrazione e del commercio di petrolio – come sede della COP28, la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si è tenuta dal 30 novembre al 12 dicembre negli Emirati Arabi Uniti.
La COP28 è stata designata per affrontare questioni cruciali legate all’energia, alle emissioni e alla crisi climatica. Tuttavia, molteplici sono state le discussioni e le segnalazioni in merito alla scelta del presidente designato della conferenza, ovvero Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale ADNOC e fondatore della compagnia di Stato sulle energie rinnovabili Masdar*.
*nota di riflessione: questo può rappresentare per voi un caso di Greenwashing o di Whistleblowing?
Per la prima volta durante la COP28 hanno parlato dell’abbandono dei combustibili fossili, nonostante le parole utilizzate nei documenti annunciano una transizione e diminuzione graduale dei combustibili fossili e non ad una eliminazione definitiva.
Ma qual è la novità della conferenza?
È stato approvato all’unanimità il testo finale sul Global Stocktake, ovvero il bilancio globale, un manuale con le linee guida da seguire per contenere gli effetti del cambiamento climatico.
Per la prima volta durante la COP28 hanno parlato dell’abbandono dei combustibili fossili, nonostante le parole utilizzate nei documenti annunciano una transizione e diminuzione graduale dei combustibili fossili e non ad una eliminazione definitiva
Ma qual è la novità della conferenza?
È stato approvato all’unanimità il testo finale sul Global Stocktake, ovvero il bilancio globale, un manuale con le linee guida da seguire per contenere gli effetti del cambiamento climatico.
In questo testo si chiede a tutti i 198 paesi firmatari di seguire 8 fasi (uguali a quelle riportate nell’accordo di Parigi):
1. Triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030
2. Accelerare gli sforzi verso l’eliminazione graduale dell’energia prodotta dal carbone
3. Accelerare gli sforzi a livello globale verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzando combustibili a zero o basse emissioni di carbonio ben prima o entro il 2050
4. Abbandonare (transition away) i combustibili fossili nei sistemi energetici in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere emissioni zero entro il 2050
5. Accelerare le tecnologie a zero e basse emissioni, tra cui le energie rinnovabili, il nucleare, le tecnologie di abbattimento e rimozione coma la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio, in particolare nei settori difficili da abbattere… e la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio
6. Abbattere le emissioni diverse dalla CO2 a livello globale, comprese in particolare le emissioni di metano, entro il 2030
7. Accelerare la riduzione delle emissioni derivanti dal trasporto stradale impiegando varie modalità, anche attraverso lo sviluppo delle infrastrutture e la rapida diffusione di veicoli a zero e basse emissioni
8. Eliminare i sussidi inefficienti ai combustibili fossili che non affrontano la povertà energetica o le semplici transizioni
E qual è il ruolo delle aziende all’interno del piano di transizione?
Calcolare la carbon footprint – misura dell’impatto ambientale di un’attività, di un prodotto o di uno stile di vita in termini di emissioni di gas serra, principalmente di anidride carbonica (CO2) – è diventato un modo comune per valutare l’impatto ambientale e contribuire agli sforzi per mitigare i cambiamenti climatici. Le persone, le aziende e le nazioni stanno cercando di ridurre le loro impronte di carbonio attraverso l’adozione di pratiche sostenibili, l’efficienza energetica, l’uso di energie rinnovabili e altre iniziative. Misurare la carbon footprint è uno strumento importante per comprendere e affrontare le sfide legate al cambiamento climatico.
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